Avvicinandoci al fatidico 17 dicembre 2023, si profila l’imperativo per le aziende del settore privato che, nel corso dell’ultimo anno, hanno impiegato un contingente di lavoratori compreso tra 50 e 249 con contratti a tempo indeterminato o determinato. Tale scadenza sancisce l’obbligo di adeguarsi alle disposizioni del Whistleblowing, enunciate dal D.lgs. 24/2023 e ufficializzate nella Gazzetta Ufficiale il 15 marzo 2023. Questa normativa, in sintonia con la Direttiva UE 2019/1937, mira a tutelare coloro che segnalano comportamenti illeciti o frodi all’interno di organizzazioni, noti come “whistleblower”.
Intrigante è comprendere appieno il concetto di Whistleblowing e le implicazioni della recente disciplina. Il termine inglese “whistleblower”, ovvero “spifferatore di segreti”, indica chi denuncia irregolarità all’interno di un’organizzazione. Il “whistleblowing” si riferisce, pertanto, all’atto in cui un individuo, spesso un dipendente, divulga informazioni sulle attività dell’organizzazione che si configurano come illegali, immorali o scorrette.
Il campo delle segnalazioni attraverso il Whistleblowing è ampio e comprende omissioni o atti illeciti in vari settori, come sicurezza dei prodotti, trasporti, ambiente, radioprotezione, sicurezza nucleare, alimenti, salute animale, salute pubblica, protezione dei consumatori, privacy, dati personali, sicurezza informatica e illeciti amministrativi, contabili, civili o penali.
La novità della legge di attuazione della Direttiva UE amplia la definizione di “whistleblower” includendo categorie precedentemente escluse dalla legislazione nazionale, come ex dipendenti, candidati, lavoratori autonomi, liberi professionisti, consulenti, volontari, tirocinanti, azionisti e stakeholder.
La procedura di Whistleblowing richiede alle organizzazioni di istituire un canale interno sicuro per le segnalazioni, mediante l’impiego di software crittografici, garantendo la riservatezza dell’identità e dei dati personali dei denuncianti, che non devono in alcun caso essere divulgati.
In caso di mancato adeguamento o violazioni normative, l’ANAC (Autorità Italiana Anticorruzione), unica autorità nazionale competente per il settore pubblico e privato, può comminare sanzioni amministrative pecuniarie da 10.000 a 50.000 euro. Questo avviene quando si accerta la commissione di ritorsioni o l’ostacolamento delle segnalazioni, la violazione della riservatezza, l’omissione di istituire canali di segnalazione o l’adozione di procedure non conformi alla legge.